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La cultura del cleaning In evidenza

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Sulle pagine di questa rivista abbiamo spesso sottolineato come i processi di cleaning debbano essere considerati nelle produzioni asettiche farmaceutiche. Prendendo spunto dal nuovo Annex1, in cui "Cleaning and disinfection" sono tra gli elementi da includere in una Contamination Control Strategy, abbiamo parlato con Valerio Di Eugenio di Vileda Professional dell'importanza delle attrezzature meccaniche e di molto altro

Perché nel mondo farmaceutico è importante parlare di "Cleaning" e "Disinfection"? 

Prima di rispondere a questa domanda, è necessario sgombrare qualche dubbio, fornendo una definizione per entrambi questi processi. In estrema sintesi possiamo dire che il “Cleaning” è l’asportazione di sporcizia e impurità da una qualsiasi superficie tramite azione meccanica e/o chimica, mentre la “Disinfection” è l’eliminazione di forme di vita (batteri, virus e qualsiasi altro tipo di microrganismi) dalla superficie stessa. Purtroppo, ancora oggi i due concetti sono spesso confusi tra di loro. Ma quel che è peggio è che capita ancora che non si comprenda lo stretto legame che esiste fra di loro, soprattutto quando parliamo di fabbricazione di medicinali sterili, processo che notoriamente avviene in ambienti considerati critici.
In questa direzione va sicuramente il nuovo Annex1, dove il binomio “cleaning and disinfection” è considerato come parte integrate di un’efficace strategia di controllo della contaminazione. Ma non solo. Per la prima volta si parla di un processo di pulizia che deve essere messo in forma scritta e validato, e si specifica che la disinfezione debba essere successiva alla pulizia. E questo perché il disinfettante stesso non solo può diventare a sua volta un residuo generando così ulteriore sporco, ma soprattutto perché la mancata pulizia iniziale può rendere inefficace l’azione del prodotto chimico.
Tutto questo potrebbe sembrare un’ovvietà, ma in realtà non lo era e purtroppo non lo è ancora oggi. Troppo spesso si commette l’errore di disinfettare una superficie che non è pulita, così come quello di sottovalutare l’importanza del tempo di contatto: una volta distribuito sulla superficie è necessario aspettare il periodo di tempo indicato dai produttori in modo che il disinfettante possa portare a termine con successo la sua azione

Il tempo è anche uno dei fattori che compongono il noto cerchio di Sinner. Possiamo ricordare gli altri?

Attraverso il cerchio di Sinner si indicano i quattro fattori fondamentali che influenzano il risultato di una qualsiasi operazione di pulizia, ossia azione meccanica, azione chimica, tempo e temperatura. Da un punto di vista grafico, i quattro fattori occupano ciascuno il 25% della superficie del cerchio (vedi Figura 1).

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Figura 1 - Cerchio di Sinner

In realtà questa suddivisione non è da considerarsi fissa, tanto è vero che può subire aggiustamenti senza per questo impattare sulla qualità finale del processo di cleaning. Privilegiare, ad esempio, una maggiore azione meccanica rispetto agli altri tre fattori, potrebbe portare a una diminuzione del tempo di contatto, a una temperatura inferiore nonché a una minore quantità di prodotto chimico. Con risparmi economici e maggiore sostenibilità del processo intero (vedi Figura 2).

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Figura 2 - Un valido prodotto meccanico consente di modificare la struttura del cerchio di Sinner (l’aumento di un fattore fa diminuire gli altri 3)

Quanto detto è sufficiente a dimostrare l’importanza della asportazione meccanica, nonostante oggi si continui a porre molta enfasi sulla validazione del prodotto chimico e su tutta una serie di controlli da eseguire. Potrei arrivare a pensare che nella prossima revisione dell’Annex1 si potrebbe inserire una menzione sulla validazione dell’attrezzatura meccanica.

Soffermiamoci allora proprio sull'azione meccanica

Sostanzialmente attrezzature meccaniche ad alta efficienza forniscono un aiuto fondamentale per sviluppare al meglio sia il processo di cleaning che di disinfezione. Di conseguenza la scelta delle attrezzature dovrebbe diventare un elemento importante e non lasciato all’improvvisazione.
Prendiamo ad esempio l’utilizzo di mop. Oggi le microfibre sono un elemento dominante sul mercato perché sono talmente fini che riescono a insinuarsi nelle minuscole porosità di tutte le superfici. È bene ricordare che anche le superfici che sembrano apparentemente lisce, in realtà non lo sono. Nella nostra esperienza, abbiamo avuto casi in cui mop non conformi sono stati eliminati e sostituiti con qualcosa di più performante, sia prima di un’ispezione (AIFA o FDA), perché il cliente finale è stato lungimirante capendo in anticipo il problema, sia dopo, quando a seguito di un’ispezione è stata rilevata una non-conformità ed è stato quindi è necessario cambiare il mop. Non mi stancherò mai di ripetere quanto pulizia e disinfezione possano influenzare la produzione del prodotto vero e proprio, che è un aspetto delicatissimo quando si parla di farmaci.
Diventa quindi indispensabile riuscire a parlare non solo con chi esegue le pulizie – che può essere un ente terzo o una persona interna dell’azienda – ma anche con quelle persone deputate a verificare puntualmente la conformità del prodotto, quali responsabili di qualità e di produzione. E bisognerà impegnarsi affinché questi utilizzatori finali (aziende farmaceutiche e/o società di servizi) cessino di considerare il cleaning come un servizio di second’ordine, dove si possono abbattere continuamente i costi a scapito della qualità.
Spetterà sempre alle aziende che forniscono attrezzature e prodotti, progettare un vero e proprio sistema integrato di pulizia, basato sulle reali esigenze del cliente, supportato da una serie di prove pratiche atte a verificare per esempio l’effetto sinergico dell’elemento meccanico con il chimico e/o l’efficacia del processo. Senza dimenticare il fattore umano. Non sarà sufficiente che le persone preposte ai servizi di pulizia utilizzino in maniera corretta le attrezzature e il prodotto chimico, ma bisognerà anche prevedere un percorso di formazione professionale costante e mirata.
Questo comporterà determinati investimenti, ma solo così sarà possibile creare quella che negli ultimi anni è stata definita come una cultura del cleaning.

Parlando di attrezzature meccaniche, in particolare della parte "software" (mop/panni), si usa suddividerle in usa e getta e riutilizzabili. Si può dare un'indicazione per le seconde fdi quale possa essere un numero massimo di impieghi prima di doverli eliminare?

Se in ambienti tradizionali un buon mop riutilizzabile può arrivare fino ad alcune centinaia di lavaggi, non si può dire altrettanto nel settore farmaceutico (e/o in tutte le industrie dove si opera in camera bianca). Risulta infatti evidente che non si può “spingere” in maniera eccessiva il numero di cicli di lavaggio, poiché l’inevitabile usura del prodotto porterebbe a un inaccettabile incremento del rilascio particellare, e a un calo delle prestazioni non compatibile con l’elevatissima igiene richiesta in ambienti classificati. Fatta questa premessa si può affermare che un robusto mop da camera bianca può arrivare in alcuni casi fino a 80 cicli, ma il valore medio classico si attesta intorno a 40/50. Va da sé che questo importante parametro deve essere validato internamente e/o da una lavanderia industriale, alla quale è possibile appaltare il servizio di ripristino.

Torniamo alla cultura del cleaning. Quali possono essere le maggiori difficoltà a far passare questo concetto?

Oggi ci si basa ancora, troppo spesso, sulla sensibilità delle singole persone, quali per esempio il responsabile di produzione, oppure di una linea o di un singolo reparto che intuiscono il problema o sono particolarmente lungimiranti. Può anche capitare che siano le stesse aziende di pulizia esterne che sollevino un problema e che chiedano un sopralluogo per capire come evitare possibili criticità. Per quella che è la mia esperienza, salvo rari casi, manca ancora un coinvolgimento attivo da parte dei responsabili della qualità. Io sono molto fiducioso sul fatto che l’Annex1 possa portare ad una maggiore consapevolezza nell’importanza dei processi di cleaning e di disinfezione, anche nelle classi meno severe (C e D), ossia in ambienti non sterili.
Così come è auspicabile costruire un tavolo a cui si possano sedere chi fornisce le attrezzature, chi le usa (interni o esterni) e chi beneficia di questo servizio (produzione e qualità). Percorso che in qualche modo abbiamo iniziato a intraprendere anche insieme ad ASCCA.

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Pubblicato in Ascca News 3/2023

Ultima modifica il Venerdì, 29 Settembre 2023 08:31
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